Scendevo il sentierino con passi frettolosi, che portava al lago sotto casa mia. "Per Dio, oggi prendo la vecchia! Mi ha fregato troppe volte," pensavo tra me e me'. Reggevo le due canne
e la borsa dell'attrezzatura con la mano destra, e il secchiello con le esche nella sinistra. Costeggiai la riva per un breve tratto, fino al grosso olmo, dove il lago formava una piccola ansa. Appoggiai il secchiello a terra, e incominciai a sfilare le canne da fondo che avevo preparato a casa. Montavano sulla bobina dei mulinelli una lenza da 0-25 special con un oliva da otto grammi e un finale dello 0-18 di circa 60 centimetri, con un amo bronzato del sette, tanto per stare sul sicuro. Presi dal secchiello una patata di piccole dimensioni, la infilai nell'amo con un movimento rotatorio, facendo spuntare appena la puntina dalla parte opposta della patata, e nascondendo allo stesso tempo l'attaccatura della lenza. Ruotai l'archetto del mulinello con la mano sinistra, liberando così la lenza. Effettuai il lancio con la massima precisione, facendo cadere l'esca quasi al centro della piccola ansa, a circa dieci metri dalla riva. Posizionai la canna sulla forcella, recuperai leggermente, fino a mettere in tiro la lenza, poi ridussi al minimo la pressione della frizione sulla bobina. "e questa e pronta!" Ripetei la stessa manovra con l'altra canna, lanciando però in un punto più a sinistra rispetto al precedente. "eccoci quà, furbona, vediamo oggi come te la cavi." Avevo impiegato una intera settimana per preparare questa battuta di pesca, preparando personalmente le esche che stavo usando. Avevo scelto delle patate di piccole dimensioni, le avevo forate con un chiodino sottile, messe a bagnio in acqua zuccherata per qualche ora, e le avevo fatte quocere parecchio nella stessa acqua, e tutte le sere ne buttavo due manciate belle piene nello stesso punto dove ora stavo pescando . Presi dalla borsa degli attrezzi un bicchiere di carta, lo immersi nel secchiello, riempiendolo con l'acqua zuccherata. La lanciai in acqua, tanto per spandere un po' di profumo. La vecchia non era altro che una carpa di grosse dimensioni che si trovava nel lago da tanto tempo, ma fino ad ora era sempre riuscita a salvarsi la vita. Vuoi per inesperienza dei i pescatori che si cimentavano nell'impresa, vuoi per una buona dose di fortuna. Era gia passata un ora buona, ed ero immerso nei miei pensieri, quando il cimino della canna posizionata alla mia destra ebbe un fremito, e poi di colpo, la bobina del mulinello prese a girare vorticosamente. "Ci siamo," gridai!" Agguantai la canna, chiusi pianpiano la frizione, dando un piccolo strattone per agganciare la preda. Tenevo la canna stretta fra le ginocchia, e con le mani toglievo laltra canna di mezzo, recuperando rapidamente la lenza per avere più spazio di manovra. Strinsi ancora un poco la frizione, cercando di rallentare la fuga del pesce, ma con pochi risultati. questo tirava come un dannato! Mi alzai in piedi, per avere più sensibilità nel braccio destro, e per meglio compensare. "Porco cane! va verso le canne! bastarda? vuoi scappare anche questa volta?" Ritoccai la frizione di uno scatto, indurendola appena. Bloccai la lenza con le dita per un attimo, portandola alla massima tensione del finale più volte, compensando con il braccio. Una leggera brezza faceva fischiare la lenza con toni più o meno acuti. Il pesce giunto a quattro metri dalle canne, d'improvviso smise di tirare bloccandosi sul fondo. "ecco, questo e il momento più critico... se riparte sono fregato!" Alzai lentamente la canna, e recuperando la lenza con molta lentezza cercai di staccarlo dal fondo, mantenendo il filo alla massima trazione consentita. La carpa puntò la sua grossa coda sul fondo, dandosi una forte spinta, facendo sentire tutto il suo peso. Mollai appena intempo, quel tanto che servì ad evitare la rottura del finale. Ripresi a recuperare lentamente, giro dopo giro del mulinello, stando sempre attento a non superare il limite di rottura del filo. La carpa restava sempre attaccata sul fondo del lago, e non accennava minimamente a dirigersi verso la superfice. "Bene bene, verrà il momento che anche tu, vecchia, mostrerai la pinna dorsale." Dopo un quarto d'ora di paziente lavoro, sentivo che i muscoli del braccio e il polso, rimasti costantemente in tensione, incominciavano a farmi male, e la carpa si era avvicinata solo di una decina di metri. Strano che non avesse ancora tentato una ripartenza. Non feci intempo a formulare questo pensiero, che ripartì come un razzo verso le canne, la sua salvezza, mettendo in gioco tutta la sua potenza. Questa volta si fermò ancora più vicino al canneto. "Merda!" imprecai. Strinsi i denti, e ricominciai con molta pazienza e determinazione il lento recupero. Sentii che a tratti smetteva di opporre resistenza, probabilmente per meglio recuperare le forze per il prossimo scatto, che sarebbe stato certamente non inferiore al precedente in fatto di potenza. Dopo circa un ora di recuperi e ripartenze, la vecchia lottava ancora. La sensibilità del mio braccio era decisamente diminuita, e poteva compromettere la cattura. "Ora ci provo," 'pensai'. "o la va o la spacca!" La carpa si trovava a una quindicina di metri dalla riva, e io iniziavo quello che credevo lultimo recupero. Ad un tratto smise completamente di opporre resistenza, e si lasciava trascinare verso riva docilmente. Questo è un altro punto molto critico, perché anche i muscoli del braccio tendono a rilassarsi, e quindi e più facile farsi prendere in contropiede. Dalla cima della canna erano rimasti circa quattro metri di lenza, finale compreso. Ancora un paio di giri, e la carpa sarebbe affiorata alla superfice, salvo sorprese. Gli occhi guardavano attenti il punto dove la lenza affondava nell'acqua, per cogliere il momento in cui sarebbe affiorata. La grossa pinna dorsale bucò la superfice... "Cristo se è grande! Assomiglia a un grosso ventaglio da signora! Guarda che squame! sembrano grandi come cento lire! Sembra un bambino di quattro anni!" Fu in quel preciso momento, che la vecchia giocò la sua ultima carta. La grossa coda frustò l'acqua con violenza, la carpa scartò di lato, e ripartì a tutta forza verso il centro del lago. La bobina del mulinello girava veloce, srotolando metri di filo. Cercai di frenare la sua corsa, sfruttando l'elasticità della canna, frenando e rilasciando la lenza Che si tendeva al massimo della trazione di sopportazione. La carpa incominciò a rallentare la sua corsa, quando fu vicino al centro del lago. Prima lentamente, poi con più decisione, riuscii a riportarla a riva. Ora era vicino ai miei piedi, e muoveva pian piano la coda, apriva e chiudeva le branchie spasmodicamente, per ossigenare il corpo stremato dalla fatica. Con la mano sinistra afferrai il manico del grosso guadino e con cautela lo feci scivolare sotto la pancia della carpa, e lo alzai con decisione. Finalmente ero riuscito a catturarla. "Ha, vecchia, ti sono piaciute le patate dolci, e," ma non lo sai che quelle fregano?" Depositai guadino e preda sull'erba, dalla borsa dell'attrezzatura presi la bilancia portatile. Attaccai il gancio in un punto ben preciso del guadino, e sollevai . "Otto chili e sei!" Riposta la bilancia, Mi dedicai a estrarre l'amo, che per la verità si era conficcato nel labbro inferiore. Usando le mani al posto dello slamatore, l'operazione fu facile, e forse indolore? Ma questo non lo avrei mai saputo. Guardai la carpa un ultima volta, e l'ammirai per la sua bellezza e per la sua magnificenza. Era veramente un magnifico esemplare e non meritava di finire in padella. Quindi, l'afferrai con una mano sotto le pinne pettorali e laltra sulla schiena, la sfilai dal guadino, e con delicatezza la depositai sull'acqua. La vecchia restò immobile per un minuto, poi mosse la coda un paio di volte, si allontanò appena, si rigirò verso di me, forse mi guardò a mo di ringraziamento, immerse prima la testa e poi tutto il corpo, e, in ultimo la larga coda, che agitò ora con più decisione, e scomparve nelle profondità del lago.