L’aurora vestita di rosa
viene alla luce partorita dalla rugiada
che la deterge amorevolmente.
I primi vagiti
sono come un inno alla speranza,
melodiosi come il canto dell’acqua
che scende gioiosamente dai monti
per baciare i ciottoli di pietra
dei torrenti che l’accolgono.
Più tardi l’alba,
bimbetta sgambettante,
è già cresciuta,
muta sembianze e sesso,
diventa mattino.
Egli, giovane adolescente,
sogna gloria e ricchezza,
indossa i caldi e luminosi colori del sole.
Sono le prime ore del pomeriggio,
il giorno ormai è adulto,
i primi fili grigi
adornano tristemente il volto appassito,
reso austero dalle delusioni dell’esistenza.
S’avvicina l’ora del tramonto,
ormai egli, vecchio e stanco
volge lo sguardo al cielo,
scruta l’universo
impaziente di scorgere
gli ultimi raggi di luce tuffarsi nel nulla.
Ecco ci siamo
il buio famelico avvoltoio,
è ormai decrepito.
Egli si getta consapevolmente
nel fiume della notte,
risucchiato dai tumultuosi gorghi,
annega miseramente.
L’ennesimo alternarsi si è compiuto,
l’universo attende fiducioso,
la nuova aurora che nascerà cantando.