Foto di una mano

Tanti anni fa, la pesca con le mani, e altri sistemi meno rispettosi della natura, venivano praticati sovente.
Ad esempio, la pesca con la mazza da 5chili o più, con il retone, la pesca notturna con la forchetta e il lume a carburo, o, giettando forti dosi di cloro in un gorgo, o, peggio ancora con una piccola bombetta costruita sempre con il carburo che la sifaceva scoppiare al centro del gorgo prescelto.

Oggi, fortunatamente sono state abbandonate, e sono severamente vietate.
La pesca con la mazza consiste nel dare un forte colpo sulla pietra dove sotto si rifugia il pesce, e il forte rimbombo ne causa la morte, sia degli adulti sia dei piccoli; insomma non viene risparmiato nessuno.
Stessa cosa, vale anche, sia per luso della bombetta e del cloro, anche se quest'ultimo è meno distruttivo, Mentre gli altri sistemi sono selettivi, perché consentono la cattura di esemplari adulti, anche se questi, restano comuncue metodi barbari e poco rispettosi.
Di tutti questi modi per prendere i pesci, l'unica cosa che io ho fatto, e cercare di catturarli a mani nude.
Questo tipo di pesca, si pratica in genere dove l'acqua raggiunge un metro circa di profondità, quindi senza dover immergersi sott'acqua, perché, pescare con le mani restando in apnea è pericoloso.
A volte si rischia di rimanere incastrati con un braccio nella tana, e in questo caso i secondi sono contati.
Direi che lasciarci le penne per quattro pesci, non ne vale assolutamente la pena, pertanto è da scartare.
E bene essere cauti, se non vogliamo fare incontri non proprio carini, con la fauna ittica che popola il fiume.
In linea di massima, se davanti alla tana troviamo della sabbia, dobbiamo sapere che prima di inserire il braccio, possiamo trovare al suo interno un bel granchio che non gradisce le intrusioni, e potrebbe ricorrere alle magniere forti, regalandoci un bel pizzicone nelle dita, mentre, se troviamo melma, all'interno potrebbe esserci un anguilla, difficilissima da catturare con le mani, e che oltre tutto morde, o peggio una biscia d'acqua che anche lei si difende con i denti o si arrotola attorno al polso e ci costringe a ritirare il braccio in fretta e furia per lo spavento e, toccare poi tutte quelle scagliette fredde che ricoprono la sua pelle, non è affatto piacevole.
Fu così che in sieme a un mio amico, con la scusa di andare a fare il bagno, in un torrido pomeriggio di luglio, ci siamo avventurati nelle acque del fiume bidente.
come attrezzatura abbiamo portato due retini, uno serve per metterci il pescato, mentre l'altro è stato modificato alla bisognia.
Un rametto lungo una cinquantina di centimetri, due paia di ciabattine in gomma, che indosseremo poco prima di entrare in acqua.
La modifica del secondo retino, consiste nel togliere l'anello rigido che costituisce l'apertura del retino, e inserirne un'altro al suo posto, realizzato con del fil di rame piuttosto spesso.
Essendo il rame molto duttile per natura, si puo adattare allaforma dell'apertura della tana del pesce, mentre il rametto serve solo a scacciarlo da essa.
In genere non lo si usa quasi mai, ma, a volte si rivela prezioso, quindi è bene averlo a portata di mano, non si sa mai.
Dopo aver messo le nostre comode ciabattine salva-piedi, iniziamo a risalire il fiume lentamente.
Percorriamo una cinquantina di metri, e arriviamo alla prima pozza utile.
Ci fermiamo, e il mio amico scruta la superfice dell'acqua, in cerca di qualche movimento che ci indichi la presenza di pesci.
Mi dice che non si vede nulla o quasi... "Cosa facciamo? Proviamo lostesso?» Mi domanda.
"No, prova a gettare un paio di piccoli sassolini al centro della pozza, e vediamo che succede.
In fatti, i pesci, incuriositi, non si fanno attendere, e guizzano di qua e di la, in cerca di quella cosa che è caduta in acqua, e che potrebbe essere cibo per loro.
Ora dobbiamo scoprire dove hanno le tane, tanto per andare a colpo sicuro.
avanziamo verso di loro, sbattendo le mani sulla superfice dell'acqua per spaventarli, e intanto, il mio amico, cerca di individuare le tane, guardando dove vanno a nascondersi.
Una volta individuate, ci avviciniamo al sasso sotto al quale si sono nascosti più pesci, e iniziamo a esplorare vicino al fondo girandogli attorno, cercando di capire come è strutturata la tana, se ha più ingressi o uno solo.
In genere, le aperture sono due o tre.
E abbastanza raro trovare una sola apertura.
Sapete, anche i pesci, a modo loro sono furbi, si preservano quasi sempre una via di fuga.
"Trovato qualcosa?» Chiedo.
"Si, da questa parte ci sono due aperture, e sono distanti.
"Riesci a chiuderle?» "Usando una mano e un piede, si.
"Da me ce ne una sola, Allora chiudi tu, che vado io.
"ok, ho chiuso.
Sento che l'ingresso e pulito e liscio, ben levigato, e questo è un buon segno, vuol dire che è abitata.
Inserisco la mano, l'avambraccio, e sento delle code che si muovono.
proseguo, e la mia mano si trova in mezzo a una massa di corpi che si agitano freneticamente.
"Trovati! ce ne sono parecchi! » "Riesci a prenderli?» "Ci provo, devo aspettare solo che si girino.
Gli do qualche colpetto sulla coda, nel tentativo di farli girare con la testa verso di me.
Questo perché, se tento di afferrarli dalla parte della coda, nel 90 percento dei casi riescono a liberarsi.
per una cattura sicura, bisogna afferrarli poco sotto le branchie.
Un paio di pesci si sono girati, ne scielgo uno, e la mia mano si chiude decisa sul mal capitato.
"Preso! prepara il retino!» "E gia, chissà come faccio! non sono mica un contorsionista!!con la mano libera mi devo tenere, altrimenti finisco in acqua.
"Aha, non sei un professionista!» "dai, valà! muoviti, e vedi di metterlo nel retino!» "calma, calma, che il signore qua sotto e grosso, e un po' nervoso, e si agita!» "ehe! vorrei vedere te, al suo posto!» con la mano libera prendo il retino, che è davanti a me sul sasso, con il piede chiudo alla meno-peggio l'imboccatura della tana, per evitare che gli ospiti escano.
La preda è un bel barbo di circa quattro etti.
"Bello! sono tutti così?» Mi chiede il mio amico.
"no, ce ne sono solo tre o quattro di questa taglia.
Quando lasciamo la prima pozza, nel retino ci sono cinque bei barbi.
Poco più a monte, troviamo una pozza lunga e stretta, e il mio amico si ferma improvvisamente.
"cosa c'é? » Chiedo.
Shh, e pieno di pesciolini! "Macchiaiole?» "si, e sono tante!» "Sarà una gara dura, prenderle.
La macchiaiola o vairone, è un pescie di piccola taglia, al massimo raggiunge una lunghezza di dodici centimetri, ed è difficile prenderlo con le mani, perché le tane dove si rifugia sono strette, e di solito le mani non ci entrano.
"Prova a spaventarli, e guarda dove si nascondono.
Lui prende una pietra di medie dimensioni e la butta in acqua.
Rimane zitto per una decina di secondi, e mi dice: "Sono spariti tutti, ma non ho visto dove sono andati.
"sassi grossi ce ne sono?» "no, ne anche uno.
"possibile?» "Certo, e si, non ce ne proprio.
"Vuoi che ci facciamo fregare così, da delle macchiaiole?» "Nonsarebbe la prima volta!» "Hai ragione, ma ora ci proviamo.
Entriamo in acqua con cautela, perché il fondo è pieno di foglie, e non vogliamo intorbidire l'acqua.
Ogni piccolo indizio puo sempre tornare utile, quindi e bene che rimanga il più chiara possibile.
Dopo venti minuti di esplorazione alla ceca, non abbiamo trovato niente, nulla che possa avere la parvenza di una tana.
L'acqua oramai si è intorbidita, e decidiamo di uscire per un po'.
"Che ne pensi?» Domando.
"Aspettiamo che l'acqua si schiarisca, chissà che non riesco a vedere dove vanno.
"Si, sono daccordo.
Aspettiamo una decina di minuti sotto il sole che ci asciuga, mentre l'acqua si schiarisce, parlando del più e del meno.
"Sono tornati!» Mi dice il mio amico.
"Voglio andare dall'altra parte, per vedere se si vede dove si nascondono.
"buona idea, prova.
Quando è nella riva opposta mi chiama, e mi dice di spaventarli, ma con calma.
"ok, vado! Scendo in acqua, e sbatto le mani sulla superfice dell'acqua un paio di volte.
"vedi nulla?» "no! non si capisce dove vanno.
Arrivano quasi in cima, e poi spariscono.
"Scendi in acqua anche tu, che riproviamo.
Il mio amico si posiziona in cima, mentre io vado in fondo alla pozza.
La parte sinistra e tutta ghiaiosa, quindi è impensabile, che ci possa essere la tana, mentre la destra, dove l'acqua è più profonda, circa ottanta centimetri, è costituita da un pietrone, che va dall'inizio alla fine della pozza.
Inizio a esplorare questa piccola parete naturale con calma e metodo, partendo dal fondo.
Cerco con le mani su questa parete liscia come il marmo, una spaccatura, un piccolo anfratto nascosto, insomma, un qualcosa che possa assomigliare a una tana, e lui fa altrettanto.
abbiamo passato palmo palmo la parete da cima a fondo, liscia come un bigliardo.
La cosa ci da un po' da pensare.
"Chissà dove si nascondono ste stronze!» Mi dice.
"non lo so, ma si sono nascoste bene!» "Hai guardato sotto alla cascata?» Gli chiedo.
"Si, ma si fa fatica, perché non sopporto l'acqua nelle orecchie.
Prova tu, se vuoi, però c'è oltre un metro e mezzo di profondità.
Francamente, non ne ho molta voglia di infilarmi la sotto, ma le signorine pinnate ci hanno preso per il naso abbastanza.
Mi avvicino alla cascata, Faccio due o tre bei respironi, e mi immergo.
Il getto dell'acqua mi batte dritto sulla schiena, e mi spinge sul fondo.
Le mani toccano ancora roccia compatta e ben levigata, filamenti di muschio, trovano piccole spaccature, che sono in adatte ad ospitare anche pesci di piccola taglia.
Con il piede urto qualcosa, e la curiosità mi spinge a vedere di cosa si tratta.
Mi giro, e mi trovo tra le mani una pietra piùttosto sottile e larga, che assomiglia a una tavoletta.
Provo a mettere la mano sotto, e sento che è vuota.
Spingo l'avanbraccio all'interno, e, oplà! sento una coda che si muove.
Appena riesco a sentire meglio, mi accorgo che si tratta di una trota.
La riconosco dalla pelle, e da quella minuscola pinna che ha sopra la coda.
Peccato che è troppo piccola per essere catturata.
Gli passo delicatamente le dita sulla pancia un paio di volte, tanto per farle un complimento, poi ritiro il braccio.
Esco da sotto il getto della cascata spostandomi verso valle, e, poco prima di alzarmi in piedi, tocco il punto dove ghiaia e roccia si incontrano, formando un piccolo avvallamento... il fiato comincia a mancare e devo interrompere l'esplorazione.
Il mio amico mi aspetta seduto su un sasso.
"Trovato nulla, vero?» "No, solo una trota vagabonda.
"E perché non l'hai presa? » "Perché non è maggiorenne! aspettiamo qualche anno! e poi la prendiamo.
"Senti un po',» gli dico.
"Hai guardato al centro, dove la roccia si incontra con il fondo ghiaioso, dove si forma un piccolo solco?» "no.
Dici che potrebbero essere li?» "bo, proviamo, se non troviamo nulla ce ne andiamo.
"Quindi devo tornare sott'acqua? » "No, aspetta che vengano loro fuori! » Il mio amico non dice nulla, e va verso il fondo, ed io parto dalla cima.
Con i piedi cerco quella spece di solco fra la roccia e il pietrisco, e una volta individuato, tocco con la punta dei piedi, alla ricerca di qualche pertugio.
Ad un certo punto, Sento che c'è un piccolo gradino. vado sotto, e con le mani trovo una fenditura lunga una trentina di centimetri, e la mano entra solo per metà, allora chiamo il mio amico.
"Vieni a vedere, forse ho trovato qualcosa.
"Anche qui c'è una tana, ma non ci si entra.
"Allora siamo a cavallo! abbiamo trovato l'ingresso e l'uscita! ma come li staniamo?» "Vieni, che usciamo, e ci pensiamo un po' su.
» Ci accomodiamo su di un sasso, che potremmo chiamare la poltrona del pescatore, e iniziamo a progettare il dafarsi.
"Dunque,» dice lui.
"Siamo in presenza di due aperture, ma non sappiamo se sono due singole tane o una sola.
Per quanto ne sapiamo, la pietra sotto potrebbe essere tutta vuota, e quindi formare una sola tana.
Se tentiamo di scoprirlo, inserendo un rametto, rischiamo di spaventarlo, e dopo, nella tana non ci ritorna più.
mi segui?» "No, vai avanti!» "Se noi mettiamo il retino speciale in fondo, che si adatta meglio all'apertura, e poi con un vinco abbastanza lungo inserito nell'altra apertura lo costringiamo a uscire?» "Si, giusto, ma come chiudiamo lingresso, che e lungo e basso?» "Con un braccio!» "E gia, ma quanti secondi devo stare sott'acqua?» "fino a quando è necessario! che domande!» "a si, allora spaventali tu, che io tengo il retino.
"No, a me l'acqua nelle orecchie da fastidio.
"Hai ragione, vado io.
Mi presti la tua maglietta, per favore? E nel frattempo trova un vinco lungo almeno un metro.
Il mio amico mi da la sua maglietta, igniaro di come intendo usarla.... altrimenti mica melavrebbe data! e parte alla ricerca del vinco.
Appena sento che è abbastanza lontano, scendo in acqua e immergo la sua maglietta, poi la strizzo ben bene.
La arrotolo su se stessa, ed ecco qua un bel tappo, che fa al caso nostro.
La inserisco così arrotolata nella spaccatura che costituisce l'ingresso della tana, chiudendola quasi per intero.
Dopo poco ritorna, e non mi chiede nulla della maglietta, probabilmente si è gia dimenticato, tutto preso nel cercare il rametto adatto.
"Sei pronto?» gli domando.
"Si, tieni lo spaventa pesci, e usalo bene.
"tranquillo, farò del mio meglio, e poi, vedrai che non ne scappa nemmeno uno! ho trovato un sistema a prova di... Mi raccomando, posiziona bene il retino speciale!» Aspetto il via del mio amico, poi introduco il rametto all'interno della tana, fino a quando non mi rimangono in mano una decina di centimetri, e poi inizio a muoverlo a destra e a sinistra.
Sento che a tratti oppone una resistenza variabile, cio sta ad indicare che nel suo passaggio urta dei corpi.
"Mi sa che le abbiamo trovate, ste balorde! chiudi bene con quel retino!» "Eccole! stanno usciendo! porca vacca quante sono!» Ora sento che il rametto, non incontra più resistenza al suo passaggio.
"Basta, non ce ne stanno più, lo tolgo!» "ok, togli.
Tenendo il retino immerso per più di metà nell'acqua, ridiamo la libertà hai barbi e cavedani piccoli, cioé fuori misura.
E un peccato distruggere dei pesci, che nel giro di qualche anno raggiungono i tre o quattro etti di peso.
Fatta questa cernita, ci rimangono all'incirca un tre chili di macchiaiuole, giusto per farci una bella frittura!.
"Guarda che bella pescata, dico.
Tutto merito della tua maglietta!» "Nooo! la mia maglietta! e ora io cosa mi metto! dobbiamo fare quattro chilometri in vespa!» "Avrai mica freddo, fisicone! e solo un po' umida!» "Bastardo, questa me la paghi!» Giunti alla vespa, vado per infilarmi la mia maglietta.... "Ma scusa,» gli chiedo.
"cosa ci hai fatto con la mia maglietta? profuma come una pescheria!» "Nulla, ci ho solo asciugato i pesci, perché avevano freddo.
Ecco, ora siamo pari!» "Dai, dai, telefona alla tua morosa, e digli che prepari la padella, che questa sera si mangia bene!.

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